Coetzee scrive questo libro, a metà tra il saggio e il
romanzo. Oppure è meglio dire che lo scrive a due mani con la protagonista :
Elizabeth Costello. Lei è una scrittrice
che affronta, durante alcune conferenze, dei temi cruciali per lei e della vita
in genere. A parlare è appunto l’autore che veste i panni della scrittrice
australiana. È presente nel testo una chiara figura retorica quale la climax,
si passa quindi dal nero delle ombre dell’animo della scrittrice, al grigio del
suo fisico simboleggiato dai capelli, al bianco del foglio che sarà poi scritto
e che fungerà da luce della sua vita.
Il personaggio scrive romanzi sugli uomini, immedesimandosi
in essi, così come l’autore del libro tenta di fare con il suo alter-ego
femminile, immergendosi nella sua sensibilità, motivo per il quale vediamo
l’affiorare di pensieri istantanei nella mente di Elizabeth ogni qualvolta le
si pongono delle domande, come fosse un dialogo estemporaneo con se stessa.
Emergono l’alterità, il confronto con il diverso, le sue domande sull’apparire,
piaga che aleggia nel mondo, dall’aspetto formale delle conferenze, a quello
che lei dovrà dire o fare. Si alternano le domande poste a lei e da lei al
pubblico, soffermandosi su alcuni punti, come i libri che spariranno
dall’immaginario comune dopo pochi anni, se non verranno ripubblicati da altri
editori, tutto ciò che è stato scritto quindi andrà perso per sempre. Si parla
di identità, come quella africana, dell’oralità dei contenuti, delle tradizioni,
di come mangiano o si muovono gli abitanti di quel determinato luogo, di come
desiderano vivere con gli altri e nell’insieme della collettività. Non mancano
le accuse alle convenzioni, come l’imposizione della traduzione necessaria per
essere letti altrove, come se si scrivesse per il mondo occidentale. Le accuse
al mondo cattolico che crede di essere al centro dell’umanità, gestendo
l’istruzione, l’interpretazione dei testi e la vita di quei popoli aiutati
materialmente, ma schiavizzati nelle mente e nelle idee, come quelle
artistiche. E infine il male, che viene visto come un’attrazione, a volte
odiato, a volte amato, in questa dualità di contenuti atti a rendere viva la
stessa scrittura. Non poteva mancare la domanda finale sul credo, la cui risposta
si trova nel medesimo bisogno di credere di ogni essere umano.
J. M. Coetzee (come firma i suoi libri) è uno scrittore estremamente eterogeneo, celebre per le sue opere di narrativa, critica e per le numerose attività accademiche che lo hanno visto impegnato come professore, linguista e traduttore. È uno dei maggiori esponenti del postmodernismo e postcolonialismo del XX secolo.
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