Leggendo i racconti de “La cucina arancione”
ho visto come tra le righe il copione di alcuni cortometraggi. Cortometraggi
che rappresentano vite vissute a metà, così come recita il primo racconto.
Racconti dai generi multipli, si salta dal racconto drammatico, al racconto
horror, un orrore vissuto dai primi attori e personaggi. Drammi dell’animo, un
animo spesso osteggiato dagli stessi protagonisti, e da persone a loro più o
meno vicine, che non vedono più la sofferenza, che porta il più delle volte
alla psicopatia.
Si passano in rassegna le più disparate
dinamiche della mente umana, dalle semplici manie alle gravi patologie. Parole
dure e crude, quelle di Lorenzo Spurio, che riflettono in maniera
inequivocabile ciò che gli interpreti provano e subiscono da loro stessi e
dagli altri.
Continuando a leggere sentivo come della
musica giungere alle mie orecchie, musica decadente, arcana, labile, sembrava
come di ascoltare un cd completo di musica rock molto pesante, che lascia il
segno inciso, più che in un supporto metallico, in un supporto cartaceo.
I colori descritti inoltre rendono chiara
l’idea della vita, che oltre ad essere vissuta “a metà” è avvolta in un
parossismo unico, un arancione “che da oppressione e ridondanza”, o fili
“elettrici bluette” che portano la morte.
Quel che si leggerà sarà una psiche spesso
assopita dalla società, che si risveglia e rivede in un pezzo di legno
antropomorfizzato il proprio alter-ego. Al lettore rimarrà un velato “ghigno
indispettito d’indignazione”.
Lorenzo Spurio (Jesi 1985) si è laureato nel
2011 in Lingue e Letterature Moderne all’Università degli Studi Perugia. È
autore del Blog Letteratura e Cultura. Dirige la rivista online di letteratura
Euterpe. Ha pubblicato altri testi di narrativa e saggi critici come Ian McEwan
: sesso e perversione
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